Prendere iniziativa. Ma perché?

Il primo fondamentale passo è riconoscere che non esiste una sola risposta, tantomeno una sola risposta giusta. Chi intraprende un’avventura lo fa con moventi sempre diversi.

C’è chi ha deciso di far nascere un’associazione perché ha bisogno di fare esperienza, di ottenere contatti, di costruire una rete. Anche con approccio puramente utilitarista.

Far parte di un progetto come Orizzonte – che è e sarà sempre flessibile e mutevole – significa poter sperimentare, avere spazio per la propria vena creativa senza che nessuno possa imporre particolari vincoli. Ma prendere iniziativa collettivamente significa anche mettersi in gioco, conoscere e farsi conoscere. Significa crearsi delle opportunità.

Poi c’è chi è consapevole che, per stare bene, ha bisogno di prendere iniziative, di costruire. Non solo per gli altri, anche per sé stessi. Gli auto-interessati, potremmo dire.

“Lo spazio e la libertà mi servono per costruire qualcosa che abbia un impatto, e costruire serve per stare bene, per dare senso”. Gli auto-interessati che sono fra noi partecipano perché hanno idee e non possono stare troppo ad aspettare che qualcuno le “acquisti sul mercato”. Vogliono libertà di manovra. Il fine conta, ma conta di più il percorso. Iniziativa collettiva significa anche crescita personale, costruzione di una storia e di un’identità.

Ma può forse mancare il fine puramente altruistico? No. Crediamo che non sia abbastanza, ma non possiamo negare che la tensione verso l’altro sia cruciale.

“Là fuori qualcun altro ha bisogno di me, del mio aiuto e delle mie capacità”. Il mondo è pieno di Robin Hood. Persone che sanno che c’è un problema e studiano, s’impegnano, lottano e s’ingegnano per cercare di risolverlo. In questo caso è il fine che conta più di tutto, ma i fini adatti sono sempre molteplici. Iniziativa collettiva significa impatto, cambiamento, progresso, idealità, ambizione. Insomma: tutto ciò che non è velleitario.

Naturalmente, ognuno di noi è – almeno in parte – mosso da ciascuno di questi stimoli.

Che fare?

Nessun manuale dice quale sia il campo d’azione migliore per chi – utilitarista, auto-interessato o altruista – abbia voglia di intraprendere un progetto collettivo.

Perciò ci siamo seduti intorno a un tavolo e ci siamo detti: mettiamoci in gioco, ciascuno coi suoi desideri; niente di ciò che verrà – almeno per ora – sarà proprietà di qualcuno o decisione insindacabile.

Eppure, attorno a quel tavolo, le linee comuni sono emerse facilmente. Perché tutti vogliamo avere una visione di lungo periodo, tracciare un nuovo orizzonte. Un orizzonte che concili diversi aspetti della nostra volontà d’iniziativa: il legame con le nostre competenze e con le nostre prospettive future, le nostre visioni politiche, le nostre capacità ed esperienze, il contesto sociale e territoriale che viviamo.

Pilastri

Non è solo la voglia di guardare lontano che ci unisce.

Ci sono anche l’interesse, la cura e l’impegno per tematiche forti, tutte legate alla dimensione pubblica del nostro stare in società:

  • tutelare l’ambiente, l’emergenza reale del nostro Tempo;
  • puntare sull’istruzione, il vero motore del cambiamento all’orizzonte;
  • ricucire il tessuto dei nostri territori e delle nostre comunità, partendo dalla cura del territorio e dalla partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale, culturale e politica;
  • innovare le istituzioni, mantenerle al passo con le esigenze del XXI secolo;
  • stabilire con forza le priorità per i decenni che verranno: dal lavoro alla sanità pubblica, dalla parità di genere alla lotta alla criminalità organizzata.

Mica facile. Ma siamo ambiziosi.

E vogliamo perseguire questi obiettivi facendo leva su concetti trasversali e ben precisi: formazione, competenze, complementarietà, impatto; attenzione al contesto, sostenibilità, visione creativa, empowerment.

Con quali risorse?

Se il fine non giustifica i mezzi, i fini hanno sicuramente bisogno di mezzi.

Anche da questo punto di vista vogliamo essere, per quanto possibile, innovativi. Solitamente gli attori del “sociale” non pongono immediatamente molta enfasi sulla raccolta dei fondi necessari per svolgere un’attività di lungo periodo, soprattutto se si tratta di iniziative che partono dalla piccola scala. Si tende a dare, comprensibilmente, priorità alla mission del gruppo, utilizzando le risorse prima di tutto per svolgere l’attività principale del collettivo.

Noi, invece, non vogliamo procedere così. Vogliamo invece che l’attività di ricerca di risorse sia costante, strutturale, strategica e, in ultima analisi, che abbia la stessa dignità degli altri pilastri.

Il contenitore

Ha scritto Seneca che “non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. Noi, invece, abbiamo molto chiaro dove andare. Abbiamo una visione, una direzione insomma. Serve una strategia.

Come ha detto Michael Porter – non in risposta a Seneca, naturalmente: “l’essenza della strategia è scegliere cosa non fare”. Nel nostro caso, è anche scegliere cosa non essere.

Abbiamo scelto di essere un’Associazione di Promozione Sociale, per i vantaggi strategici che questa scelta comporta e per lo spirito che essa richiama, quello di un progetto che non è “proprietà” di nessuno.

Ma è una scelta fatta con un occhio rivolto al futuro. Vogliamo pensare in grande. È per questo che potrebbe arrivare un momento in cui l’abito dell’associazione ci starà stretto. Se così fosse – e speriamo che così sia – sarà opportuno che l’APS si trasformi in una vera e propria impresa sociale.

Anzi, diciamolo più chiaramente: la prospettiva è che diventi un’impresa sociale. Quando saremo in tanti, quando magari molti altri ragazzi e ragazze ci avranno sostituito, almeno in parte.

Molte associazioni “muoiono” perché a un certo punto ci si trova di fronte a tre strade: arrestare l’iniziativa; ridimensionarla e renderla di fatto velleitaria; fare dell’attività sociale il proprio lavoro. Di fronte alla terza opzione, che intimorisce tanti, spesso si preferisce fare un passo indietro. Noi preferiamo invece rimanere aperti a questo scenario.

Sarebbe fantastico se un giorno questo progetto diventasse davvero l’occupazione sostenibile e a tempo pieno di qualcuno di noi.

Un nuovo Orizzonte

Gambe in spalla, è tempo di partire. C’è un nuovo orizzonte davanti a noi. Orizzonte nasce per costruirlo. Perché il futuro è lì, ma siamo noi, oggi, a determinare come sarà questo futuro.

Non possiamo ripetere l’errore delle generazioni che ci hanno preceduto: futuro e progresso non sempre coincidono. Il futuro prima o poi arriva, chissà con che faccia. L’Orizzonte, invece, non si supera mai. E ci costringe a guardare avanti.

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